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Non sono convinto

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Il punto dell'argomentazione di Bagnai è quello per cui la Germania avrebbe operato una svalutazione reale. Si può discutere della bontà o meno per cui le riforme del lavoro tedesche abbiano avuto effetti reali positivi (si veda l'ultimo lavoro di David Card e Pat Kline a livello microeconometrico) - come sul fatto se sia o meno possibile e opportuno che tutti i Paesi dell'Eurozona, le cui economie sono integrate, facciano lo stesso visto che perlomeno in Germania queste politiche hanno comportato una contrazione del valore assoluto dei consumi nel PIL - ma Bagnai sa benissimo che la Germania è più produttiva.

Il punto di Bagnai mi par di capire non è tanto il differenziale d'inflazione di per sé, quanto il differenziale di costo per unità di prodotto effettiva (che chiaramente ha una relazione con il differenziale d'inflazione). Quindi i salari tedeschi potrebbero essere certo più alti di quelli italiani, ma dovrebbero esserlo ancora di più per colmare la differenza nel tasso di cambio reale. E allora si generano tutti i bei differenziali nelle bilance dei pagamenti eccetera eccetera. Questo è il punto dell'analisi di Bagnai, al di là di tutte le interpretazioni di politica economica che ci possono trovare più o meno d'accordo (ma ricordiamoci che l'Europa non è gli USA, e i gruppi di potere rispondono a logiche di lotta politica diversa).

Bagnai poi spiega la maggiore produttività tedesca e minore italiana utilizzando schemi interpretativi post-keynesiani (legge di "Kaldor-Vernoorn") che non mi convincono appieno. Tuttavia c'è un problema d'identificazione enorme poiché tali differenziali nei tassi di crescita della produttività (che paiono assenti nei dati in presenza di cambi flessibili) possono essere razionalizzati benissimo con un modello di equilibrio generale con non pieno utilizzo della capacità produttiva e in cui le imprese vedono la propria domanda tagliata ma non licenziano (è pure quindi un problema statistico di misura della produttività) piuttosto che in calo della TFP che è inverosimile data l'estensione della stagnazione-crollo della produttività del lavoro. Questo peraltro è anche in accordo con l'evidenza "aneddotica" sul comportamento delle imprese in Italia (ancora una volta si potrebbe discutere sull'opportunità in questa situazione di incentivare i licenziamenti, viste le conseguenze sulla domanda interna e sulla perdita di competenze specifiche in molte imprese assai specializzate). Sinceramente questa spiegazione della crisi di produttività italiana mi pare più verosimile sia del crollo della TFP stile "epsilon negativo" che di quella "Berlusconi è cattivo".

Insomma, ci sono molti rilevanti punti sottostanti all'analisi della crisi italiana per come legata all'Euro che né Bagnai né questo commento di Bisin a mio modo di vedere affrontano appieno. Non sono convinto. Tuttavia, il grosso dell'analisi "positiva" di Bagnai, nella misura in cui è pienamente "mainstream" mi pare convincente. Su quali siano le migliori soluzioni alla crisi pure si dovrebbe discutere meglio: ad esempio, cambi flessibili e una politica monetaria più ortodossa dopo il riaggiustamento?


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